Il procedimento di cessione da parte degli Enti locali delle partecipazioni vietate ai sensi dell’art. 3 comma 27-29 della Legge Finanziaria 2008
a cura di Alessandro Manetti, Dottore Commercialista e Revisore Contabile
Entro il 31 dicembre dello scorso anno, le amministrazioni pubbliche previste all’art. 1 c. 2 del D.Lgs. 165/2001, fra le quali rientrano gli Enti locali, avrebbero dovuto cedere, nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica, le partecipazioni in società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali. La cessione non riguardava né le partecipazioni in società che erogano servizi di interesse generale, né le società quotate.
Tale obbligo, previsto dall’art. 3 commi 27-29 della Legge 244/2007 (Legge Finanziaria 2008) è stato oggetto d’interpretazione, fra l’altro, da parte della Corte dei Conti – Sez. Reg. di Controllo della Lombardia che, con la deliberazione n. 48 del 8/7/2008, ha sostenuto che il termine fissato dalla legge – e più volte posticipato – doveva essere inteso come quello entro la quale avviare la procedura di dismissione, ma non obbligatoriamente per completare tutto l’iter di cessione delle partecipazioni vietate; ciò per evitare svendite o speculazioni dei soggetti privati nella determinazione del prezzo di acquisto delle partecipazione in mano pubblica. Nella prassi, pertanto, il comportamento tenuto dalla maggior parte degli Enti locali è stato quello di assumere entro il 31/12/2010 una decisione di Consiglio con la quale, dopo avere analizzato le partecipazioni detenute dall’Ente e verificato l’esistenza di quella condizione di stretta necessità prevista dalla legge, è stato deciso quali partecipazioni mantenere e quali cedere.
All’indomani di tale decisione è bene che il responsabile del Servizio a cui è stato demandato l’espletamento del procedimento di cessione inizi a porsi il problema di cosa fare, anche per evitare che, in assenza di uno specifico termine di conclusione di tale procedimento, si rischi di non arrivare mai alla vera e propria cessione delle partecipazioni vietate.
Il procedimento di cessione, infatti, si presenta piuttosto complesso e non privo di criticità, anche in considerazione del fatto che nello stesso si intrecciano inevitabilmente norme di diritto amministrativo e norme di diritto commerciale: basti pensare, ad esempio, alla necessità di contemperare l’obbligo di evidenza pubblica con i diritti riconosciuti agli altri soci dalle clausole di intrasferibilità, prelazione e/o gradimento presenti nello Statuto della società o in eventuali patti parasociali.
La necessità di procedere alla cessione nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica è espressamente prevista dal comma 29 della L. 244/2007. Ciò nonostante, soprattutto per le cessioni di partecipazione di modesto valore, sono sorti alcuni dubbi circa l’opportunità di procedere mediante evidenza pubblica, cioè attraverso un procedimento che ha comunque costi non trascurabili, soprattutto in termini di tempo impiegato dal personale dell’Ente locale. Al riguardo, la Corte dei Conti – Sez. Reg. di Controllo del Veneto nel parere del 15/11/2010 reso al Comune di Massanzago, ha sostenuto che, anche tenuto conto della giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee, l’obbligo della gara sussiste anche nei contratti attivi – come quello che l’Ente andrà a stipulare per la cessione delle partecipazioni vietate – dove la pubblica amministrazione conferisce o può conferire ad un soggetto operante nel mercato un’opportunità di guadagno e, quindi, la possibilità di un’iniziativa economica che possa determinare un vantaggio competitivo. Ovviamente, l’amministrazione pubblica, nella sua autonoma discrezionalità e tenuto conto dei valori economici in gioco, dovrà valutare se ricorrano concretamente i presupposti per un’applicazione rigorosa delle regole dell’evidenza pubblica.
Tenuto conto di tale autorevole parere, ma anche del fatto che è sicuramente preferibile dare ampia pubblicità alla volontà dell’Amministrazione di cedere le partecipazioni, in modo da stimolare la competizione sul mercato e spuntare offerte più convenienti, sarà necessario predisporre un procedimento rispettoso dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità mutuati dall’art. 27 del D.Lgs. 163/2006. Una soluzione potrebbe essere quella di pubblicare un bando esplorativo con il quale si portano a conoscenza i terzi che l’Amministrazione intende vendere le partecipazioni ed attraverso il quale i soggetti interessati possono chiedere di essere invitati, in una fase successiva, a presentare la propria offerta economica.
Ma i problemi non si esauriscono con la scelta delle modalità con cui si realizza l’evidenza pubblica. Esistono almeno altre tre criticità che caratterizzano il procedimento di cessione:
1. la valutazione delle partecipazioni: per individuare il prezzo a base d’asta è necessario effettuare una valutazione attendibile del valore delle partecipazioni. Individuare un prezzo troppo alto rispetto al valore di mercato rischierebbe di mandare deserta la gara, mentre individuare un prezzo troppo basso rischierebbe di avvantaggiare il compratore con le inevitabili conseguenze in termini di potenziale danno erariale e di responsabilità. Anche l’adozione di erronei criteri di valutazione potrebbe portare a conseguenze poco desiderabili;
2. l’esistenza di specifiche clausole statutarie: come accennato precedentemente è necessario verificare l’esistenza di clausole di intrasferibilità, prelazione e gradimento – fra l’altro assai frequenti negli Statuti e nei patti parasociali delle società pubbliche o miste – ed impostare una procedura che sia allo stesso tempo rispettosa dei diritti degli altri soci e dei diritti che vengono acquisiti in sede di gara dai partecipanti;
3. la diffusione di informazioni riservate: per permettere ai terzi di valutare la “bontà” delle partecipazioni offerte dall’Amministrazione è necessario che vengano fornite loro informazioni specifiche sull’attività della società interessata, ulteriori rispetto a quelle che possono essere acquisite autonomamente dal Registro Imprese. La diffusione di tali informazioni, tuttavia, rischia di essere una fonte di non pochi problemi per l’Amministrazione, soprattutto qualora vengano diffuse notizie che, in qualche modo, avvantaggiano i concorrenti. Sarà pertanto necessario inserire nel bando e nelle lettere d’invito specifiche clausole cautelative.
2. l’esistenza di specifiche clausole statutarie: come accennato precedentemente è necessario verificare l’esistenza di clausole di intrasferibilità, prelazione e gradimento – fra l’altro assai frequenti negli Statuti e nei patti parasociali delle società pubbliche o miste – ed impostare una procedura che sia allo stesso tempo rispettosa dei diritti degli altri soci e dei diritti che vengono acquisiti in sede di gara dai partecipanti;
3. la diffusione di informazioni riservate: per permettere ai terzi di valutare la “bontà” delle partecipazioni offerte dall’Amministrazione è necessario che vengano fornite loro informazioni specifiche sull’attività della società interessata, ulteriori rispetto a quelle che possono essere acquisite autonomamente dal Registro Imprese. La diffusione di tali informazioni, tuttavia, rischia di essere una fonte di non pochi problemi per l’Amministrazione, soprattutto qualora vengano diffuse notizie che, in qualche modo, avvantaggiano i concorrenti. Sarà pertanto necessario inserire nel bando e nelle lettere d’invito specifiche clausole cautelative.
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