Alessandro Manetti, Responsabile Scientifico CE.S.PA. – Centro Studi Partecipate
Posticipati i termini per l’adeguamento degli statuti, per la ricognizione del personale in esubero, per la revisione straordinaria delle partecipazioni, per la sostituzione degli amministratori dipendenti pubblici, ma anche nuove regole per la scelta dell’organo amministrativo, per gli indirizzi in materia di personale e per la definizione della produzione ulteriore delle società “in house”. Sono queste, in sintesi, alcune delle principali novità Decreto Legislativo 16 giugno 2017, n. 100, che ha modificato e integrato il D.Lgs. 175/2016, il c.d. “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica”.
Il nuovo decreto è stato pubblicato nella G.U. Serie Generale n. 147 del 26 giugno 2017 ed è entrato in vigore il giorno successivo; le correzioni ed integrazioni si sono rese necessarie sia per rendere più coerente l’intero T.U., che per superare le criticità che erano emerse in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale n. 251/2016, con cui era stata dichiarata l’illegittimità, fra l’altro, dell’art. 18 della Legge 124/2015 (la c.d. “Legge delega Madia” di riforma della PA), norma in attuazione della quale è stato emanato il D.Lgs. 175/2016.
Vediamo di seguito, più nel dettaglio, le principali novità del correttivo.
Adeguamento degli statuti (art. 26, comma 1)
Il termine entro il quale le società in controllo pubblico devono adeguare i propri statuti alle disposizioni del D.Lgs. 175/2016 è stato posticipato dal 31 dicembre 2016 al 31 luglio 2017.
Per le società miste il termine per adeguare la quota minima di partecipazione del socio privato (che, si ricorda, non può essere inferiore al 30%) è rimasto fermo al 31 dicembre 2017.
La ricognizione del personale (art. 25, comma 1)
Il termine entro il quale le società in controllo pubblico devono effettuare la ricognizione del personale in servizio è stato posticipato dal 23 marzo 2017 al 30 settembre 2017.
L’elenco del personale eccedente, con la puntuale indicazione dei profili posseduti, dovrà essere trasmesso alla Regione in cui ha sede legale la società, secondo modalità che verranno stabilite con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, in modo da consentire alle Regioni di formare gli elenchi del personale in esubero, da cui le società in controllo pubblico sono obbligate ad attingere fino al 30 giugno 2018 i nominativi del personale da assumere a tempo indeterminato (obbligo non previsto per le assunzioni a tempo determinato e per le altre forme di lavoro flessibile).
L’entrata in vigore dell’obbligo di attingere all’elenco regionale è stata posticipata dal decreto correttivo alla data di pubblicazione del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali sopra richiamato; pertanto, fino alla pubblicazione di tale decreto le società in controllo pubblico possono ancora effettuare, almeno in linea teorica, assunzioni a tempo indeterminato, scegliendo i candidati tramite selezione pubblica; tuttavia, si tratta di una finestra temporale con una durata incerta, che potrebbe non essere sufficiente per permettere alle società di portare a conclusione le procedure di selezione avviate.
La revisione straordinaria delle partecipazioni (art. 24)
Il termine entro il quale le Amministrazioni pubbliche devono effettuare la revisione straordinaria delle loro partecipazioni è stato posticipato dal 23 marzo 2017 al 30 settembre 2017.
Pertanto, entro tale termine ogni Amministrazione pubblica dovrà verificare, con riferimento alle partecipazioni direttamente e indirettamente detenute alla data del 23 settembre 2016, se il loro possesso è ancora compatibile con le disposizioni contenute negli artt. 4, 5 e 20 del T.U.. Gli esiti della verifica dovranno risultare da un provvedimento motivato, nel quale dovrà essere data evidenza delle partecipazioni da alienare, e che dovrà essere trasmesso alla competente sezione regionale della Corte dei Conti e alla struttura di monitoraggio, indirizzo e coordinamento del MEF.
La mancata adozione dell’atto ricognitivo delle partecipazioni comporta l’impossibilità per l’Amministrazione pubblica inadempiente di esercitare i diritti sociali nei confronti della società.
Adeguamento degli amministratori delle società in controllo pubblico (art. 26, comma 10)
L’art. 11, comma 8 del T.U. prevede che gli amministratori delle società in controllo pubblico non possono essere dipendenti delle Amministrazioni pubbliche controllanti o vigilanti. La previsione rappresenta una netta inversione di tendenza rispetto a quanto aveva previsto l’art. 4, comma 4 del D.L. 95/2012, che di fatto sana una vera e propria “stortura” del sistema previgente, dove era venuta meno la distinzione fra controllore e controllato.
Il termine per l’adeguamento degli attuali organi amministrativi, inizialmente previsto per il 23 marzo 2017, è stato posticipato dal decreto correttivo al 31 luglio 2017. Non è stato ancora chiarito se i dipendenti pubblici che sono stati nominati amministratori delle società in controllo pubblico e che sono ancora in carica alla data odierna possano restare al loro posto fino alla scadenza del mandato o se, viceversa, debbano quanto meno presentare le proprie dimissioni entro il prossimo 31 luglio. Un approccio prudenziale consiglierebbe di seguire la seconda strada.
Limiti alla composizione dell’organo amministrativo (art. 11)
Rappresenta una delle novità più rilevanti del decreto correttivo. Con la sostituzione integrale del comma 3 dell’art. 11 del T.U. viene oggi data la possibilità alle singole società in controllo pubblico di verificare autonomamente se adottare un organo amministrativo collegiale al posto di quello monocratico. Quindi, fermo restando che nelle società in controllo pubblico l’organo amministrativo è costituito, di norma, dall’Amministratore Unico, l’assemblea ha comunque la possibilità di disporre che la società sia amministrata da un consiglio di amministrazione composto da tre o cinque membri, ovvero che sia adottato uno dei sistemi alternativi di amministrazione e controllo previsti dal Codice Civile. La delibera assembleare dovrà essere adeguatamente motivata con riguardo a specifiche ragioni di adeguatezza organizzativa e tenendo conto delle esigenze di contenimento dei costi della società e dovrà essere trasmessa alla sezione regionale di controllo della Corte dei Conti e alla struttura di monitoraggio, indirizzo e coordinamento del MEF. Si raccomanda prudenza nella scelta, anche tenuto conto del fatto che, soprattutto nelle società “in house”, l’organo amministrativo è un mero esecutore degli indirizzi espressi dai soci; pertanto, la scelta di un consiglio di amministrazione al posto dell’Amministratore Unico è spesso difficile da motivare.
Deroga per le società regionali (art. 4, comma 9)
Rappresenta una novità importante del decreto correttivo e, allo stesso tempo, la concessione che il Governo ha dovuto fare alle Regioni per ottenere la necessaria “intesa” per superare i rilievi della Corte Costituzionale. In pratica, è oggi previsto che i Presidenti di Regione e delle province autonome di Trento e Bolzano possono deliberare l’esclusione totale o parziale dell’applicazione delle disposizioni dell’art. 4 del T.U. per singole società partecipate. A prescindere dall’attività svolta dalla società partecipata, sarà sufficiente che il Presidente della Regione o il Presidente della Provincia Autonoma ne dichiari la stretta necessità per il perseguimento delle finalità istituzionali del proprio ente. I provvedimenti adottati, tuttavia, dovranno essere trasmessi alla competente Sezione regionale di controllo della Corte dei conti, alla struttura di monitoraggio, indirizzo e coordinamento del MEF, nonché alle Camere ai fini della comunicazione alle commissioni parlamentari competenti.
Precisazioni in merito alla definizione di società (art. 2, comma 1, let. l)
La definizione di “società” è stata ampliata attraverso l’inclusione delle società consortili. Pertanto, con il termine “società” devono intendersi ai fini del T.U. gli organismi di cui ai Titoli V e VI, Capo I, del Libro V del Codice Civile, anche aventi come oggetto sociale lo svolgimento di attività consortili di cui all’art. 2615-ter del Codice Civile.
Ampliamento delle attività svolte da società strumentali (art. 4, comma 2, let. d)
Prima del decreto correttivo era previsto che le Amministrazioni pubbliche potevano costituire società e acquisire o mantenere partecipazioni in società esclusivamente per lo svolgimento di determinate attività, fra cui quelle di autoproduzione di beni o servizi strumentali all’ente o agli enti pubblici partecipanti, nel rispetto delle condizioni stabilite dalle direttive europee in materia di contratti pubblici e della relativa disciplina nazionale di recepimento. Con il decreto correttivo a questa attività di autoproduzione di beni o servizi strumentali viene correttamente aggiunta anche quella di svolgimento di funzioni normalmente attribuite alle Amministrazioni pubbliche, rendendo quindi la previsione normativa più coerente con l’attività realmente svolta da migliaia di società strumentali.
La produzione ulteriore per le società “in house” (art. 16)
Il decreto correttivo è intervenuto anche in materia di società “in house”, inserendo il comma 3-bis all’art. 16 del T.U., con il quale è stato precisato che la produzione ulteriore rispetto al limite dell’80% di fatturato da effettuare con le Amministrazioni pubbliche, può derivare anche dallo svolgimento di prestazioni diverse rispetto a quelle erogate ai soci. Tuttavia, come in precedenza, il fatturato realizzato con soggetti non soci è consentito solo a condizione che la relativa produzione permetta di conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell’attività principale della società. Quindi, per esempio, una società “in house” che svolge il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti per i comuni soci, potrà legittimamente cedere a terzi i prodotti derivanti dall’attività di valorizzazione dei rifiuti (vetro, plastica, legno, compost, ecc.), purché il fatturato derivante da tali cessioni non superi il 19,99% del fatturato complessivo e purché l’attività consenta di recuperare efficienza (circostanza che, in questo esempio, è implicita nell’attività di valorizzazione dei rifiuti).
Società partecipate con ridotto fatturato (art. 26, comma 12-bis)
Fra i vari presupposti che devono essere presi in considerazione ai fini della razionalizzazione periodica delle partecipazioni prevista all’art. 20 del T.U c’è il requisito del conseguimento da parte della società partecipata di un fatturato medio dell’ultimo triennio non superiore a un milione di Euro. In pratica, il legislatore si è posto l’obiettivo di spingere le Amministrazioni pubbliche a ridurre la loro partecipazione in società di piccola dimensione.
Il decreto correttivo è intervenuto anche su questo aspetto prevedendo una entrata in vigore più morbida del parametro; in pratica, con l’introduzione all’art. 26 del comma 12-bis, il limite del milione di euro di fatturato entrerà in vigore solo a partire dal 2020 con riferimento al triennio 2017-2019, mentre per gli anni 2017, 2018 e 2019 il limite di fatturato è stato fissato a € 500.000, da calcolarsi sempre con riferimento al triennio precedente.
Da osservare che il mancato superamento della soglia di fatturato minimo, così come quello degli altri parametri previsti all’art. 20, comma 2, non fa scattare automaticamente l’obbligo di cessione delle partecipazioni o di messa in liquidazione della società, ma genere più semplicemente solo l’obbligo di inclusione della stessa nel piano di razionalizzazione. Sarà poi in quella sede che dovranno essere fatte le necessarie considerazioni circa il futuro delle diverse partecipazioni.
Gli indirizzi in merito alla gestione del personale (art. 19, comma 5)
L’integrazione effettuata all’art. 19 comma 5 del T.U. è destinata a produrre effetti notevoli sulla futura gestione del personale delle società in controllo pubblico e, di conseguenza, sugli obiettivi di riduzione della spesa pubblica che il legislatore persegue da diversi anni.
L’art. 19, comma 5 stabilisce che le Amministrazioni pubbliche socie delle società in controllo pubblico sono tenute a fissare, con propri provvedimenti, obiettivi specifici, annuali e pluriennali, sul complesso delle spese di funzionamento, ivi comprese quelle per il personale, anche attraverso il contenimento degli oneri contrattuali e delle assunzioni di personale e tenuto conto: (i) di quanto stabilito in materia di mobilità dei lavoratori dichiarati in esubero (art. 25); (ii) delle eventuali disposizioni che stabiliscono, a loro carico, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale.
Il decreto correttivo ha aggiunto che la fissazione dei suddetti obiettivi debba avvenire anche “tenendo conto del settore in cui ciascun soggetto opera”. Si tratta di una puntualizzazione importante che consentirà verosimilmente alle Amministrazioni pubbliche di fissare obiettivi di contenimento delle spese di funzionamento e del personale tenendo conto delle specificità delle società controllate e dei contesti in cui le stesse svolgono la propria attività.
Quindi, tenuto conto che nel D.Lgs. 175/2016 non è stato riproposto l’obbligo per le società di attenersi al principio di riduzione dei costi del personale, che era previsto nella legislazione previgente, in taluni casi potremmo anche assistere ad un incremento delle spese di personale per motivate esigenze, così come sostenuto, fra l’altro, dalla Corte dei Conti – Sez. reg. controllo Toscana nella deliberazione n. 1/2015.
Riassorbimento del personale (art. 19, comma 8)
Il comma 8 dell’art. 19 del T.U. prevede che in caso di reinternalizzazione di funzioni e servizi in precedenza esternalizzati ad una società in controllo pubblico, le Amministrazioni pubbliche devono, prima di poter effettuare nuove assunzioni, riassorbire i dipendenti già a tempo indeterminato che erano transitati alla società al momento dell’esternalizzazione, mediante l’utilizzo delle procedure di mobilità previste all’art. 30 del D.Lgs. 165/2001.
Il decreto correttivo ha aggiunto che la spesa per il riassorbimento del suddetto personale non rileva nell’ambito delle facoltà assunzionali disponibili e, per gli enti territoriali, anche del parametro del contenimento delle spese di personale con riferimento al valore medio del triennio precedente (art. 1, comma 557-quater, della L. 296/2006). Per usufruire di tale possibilità è tuttavia necessario che venga fornita dimostrazione, certificata dal parere dell’organo di revisione economico-finanziaria, che le esternalizzazioni sono state effettuate secondo specifiche modalità (trasferimento delle funzioni e del relativo personale, riduzione dotazione organica, riduzione fondi per contrattazione integrativa, corrispondente riduzione della spesa per il personale).
Mobilità del personale fra società partecipate (art. 19, comma 9)
Mentre nella versione originaria del D.Lgs. 175/2016, all’art. 19, comma 9 era stato previsto che le disposizioni relative alla mobilità del personale fra società partecipate (art. 1, commi da 565 a 568 della L. 147/2013) potevano continuare ad essere applicate alle sole procedure in corso alla data del 23 settembre 2016, con il decreto correttivo è stato più correttamente previsto che tali procedure di mobilità potranno essere ancora utilizzate fino alla data di pubblicazione del decreto con cui verranno stabilite le modalità di trasmissione degli elenchi degli esuberi di personale e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2017.
Servizi economici di interesse generale a rete (art. 4, comma 9-bis)
Con l’introduzione all’art. 4 del nuovo comma 9-bis è stato previsto che, nel rispetto della disciplina europea, le Amministrazioni pubbliche possono acquisire o mantenere partecipazioni in società che producono servizi economici di interesse generale a rete, di cui all’art. 3-bis del D.L. 138/2011, anche fuori dall’ambito territoriale della collettività di riferimento, purché l’affidamento dei servizi, in corso e nuovi, sia avvenuto e avvenga tramite procedure ad evidenza pubblica.
Questa disposizione consentirà in futuro agli enti territoriali di acquisire o mantenere legittimamente una partecipazione in una società che gestire un servizio pubblico locale a rete in un’altra parte d’Italia, purché tale società abbia acquisito il servizio partecipando ad una gara.
Non è tuttavia consentita la partecipazione a società strutturalmente in perdita; infatti, trova applicazione l’art. 20, comma 2, let. e) del T.U., con la conseguenza che se la società ha prodotto o produrrà un risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti, le relative partecipazioni dovranno essere alienate in attuazione del piano periodico di razionalizzazione.
Semplificazioni del procedimento di costituzione di una società o di acquisto di partecipazioni (art. 5)
Come noto, il T.U. consente ancora oggi alle Amministrazioni pubbliche di costituire nuove società e di acquisire nuove partecipazioni societarie, prevedendo tuttavia un procedimento più complesso rispetto al passato; il decreto correttivo ha mitigato parte di questo procedimento, stabilendo l’eliminazione dell’obbligo di indicare nella deliberazione la possibilità di destinazione alternativa delle risorse pubbliche impegnate.
E’ rimasto invece l’onere di sottoporre la decisione a consultazione pubblica, ma è stato aggiunto che ciò dovrà avvenire secondo modalità disciplinate direttamente dall’Amministrazione pubblica interessata. Quest’obbligo continua a destare una certa perplessità, visto che, per esempio, per gli Enti locali la decisione di costituzione di una nuova società o di acquisizione di nuove partecipazioni deve essere rimessa al Consiglio comunale, organo elettivo che ha, o dovrebbe avere, piena rappresentanza degli interessi degli elettori.
Società in perdita strutturale (art. 14)
Con riferimento alle società in perdita per almeno tre esercizi consecutivi, l’art. 14, comma 5 del T.U. vieta alle Amministrazioni pubbliche di effettuare una serie di operazioni; fra queste era inizialmente previsto il divieto di “effettuare” aumenti di capitale. Il decreto correttivo ha sostituito il verbo “effettuare” con “sottoscrivere” aumenti di capitale. La modifica, apparentemente poco significativa, serve invero ad evitare comportamenti poco virtuosi: nelle società strutturalmente in perdita, infatti, la formulazione precedente della norma poteva consentire di porre in essere operazioni di copertura di perdite mediante l’abbattimento del capitale sociale e la successiva ricostituzione dello stesso mediante sottoscrizione da parte delle Amministrazioni pubbliche socie, senza poi che venisse effettuato il necessario versamento del capitale sottoscritto (che era vietato dal comma 5 citato). In questo modo, una società strutturalmente in perdita poteva apparire risanata dall’intervento dei soci, senza tuttavia che venisse dotata delle risorse finanziarie necessarie. Con il decreto correttivo, il divieto di ricapitalizzazione per le Amministrazioni viene anticipato alla fase di sottoscrizione dell’aumento di capitale, eliminando ogni possibilità di comportamenti “border line”.
Sanzioni per la mancata razionalizzazione periodica delle partecipazioni (art. 20, comma 7)
Il decreto correttivo ha limitato ai soli enti locali la pesantissima sanzione prevista all’art. 20, comma 7 del T.U. per la mancata adozione entro il 31 dicembre di ogni anno della deliberazione relativa all’obbligo di razionalizzazione periodica delle partecipazioni societarie (sanzione amministrativa da € 5.000 a € 500.000, salvo il danno eventualmente rilevato in sede di giudizio amministrativo contabile).
Si ricorda che, ai sensi della disposizione transitoria contenuta all’art. 26, comma 11, l’obbligo della razionalizzazione periodica scatterà solo a partire dal 2018, con riferimento alla delle partecipazioni al 31 dicembre 2017.
Società in corso di quotazione (art. 26, comma 4)
L’art. 26, comma 4 del T.U. prevede che le società in partecipazione pubblica che hanno deliberato la quotazione delle proprie azioni in mercati regolamentati possono disapplicare le disposizioni del decreto 175/2016 per un determinato periodo. Originariamente la deroga era prevista fino al 23 settembre 2017, ma il decreto correttivo ha concesso altri 6 mesi, portando il termine di disapplicazione fino al 23 marzo 2018. Se entro tale termine la società interessata avrà presentato domanda di ammissione alla quotazione, continuerà a disapplicare le disposizioni del T.U. fino alla conclusione del procedimento di quotazione.
Precisazioni sulle società partecipate da società quotate (art. 1, comma 5)
E’ stato previsto che le disposizioni del T.U., oltre che ad essere applicate, solo se espressamente previsto, alle società quotate, si applicano anche alle società da esse partecipate, salvo che queste ultime siano, non per il tramite di società quotate, controllate o partecipate da amministrazioni pubbliche. Quindi, in altre parole, le società partecipate da una società quotata applicano le norme del T.U. solo se espressamente previsto, ma se sono controllare dalle Amministrazioni pubbliche applicano tutte le norme del T.U.