Graziella Launaro, Esperta di processi di digitalizzazione della PA
Amministrare con atti “solo digitali” da agosto sarà un obbligo normativo e questo porrà evidenti implicazioni giuridiche per eventuali Amministrazioni inadempienti. E’ fondamentale conoscere ed adeguarsi all’uso delle nuove tecnologie che non possono più essere materia “solo“ da tecnici informatici.
”Le pubbliche amministrazioni devono adeguare i propri sistemi di gestione informatica dei documenti entro e non oltre il termine di diciotto mesi, decorrente dall’entrata in vigore delle regole tecniche”, art. 17 c. 2 del DPCM 13/11/2014 contenente le regole tecniche di formazione del documento informatico. Ne consegue che dall’11 agosto 2016 diventa cogente la previsione contenuta nel Codice per l’Amministrazione Digitale (D.Lgs. 82/2005, art. 40) per la quale gli atti della Pubblica Amministrazione sono formati, in originale, con strumenti informatici. La previsione giunge dopo una serie di scadenze che si sono susseguite, in particolare negli anni 2014 e 2015, che hanno dettato una vera e propria road map verso la digitalizzazione a regime.
La previsione di una decisa svolta digitale della Pubblica Amministrazione si collega alla riforma Madia che a più riprese ne vede le potenzialità innovative in un processo ritenuto ormai maturo, tanto da consentire una gestione ordinaria e non più da best practices: “I servizi in modalità digitale non sono un dovere da parte dell’amministrazione ma un diritto riconosciuto al cittadino. Non è solo questione di modernità ma di democrazia” (Cittadinanza digitale www.funzionepubblica.gov.it).
La politica è portata a porre l’accento alla digitalizzazione che si vede (siti web, servizi online), ma cosa c’è e/o deve esserci dietro? Sappiamo come gestire copie, duplicati, passaggio dalla carta al digitale e viceversa? Cosa dobbiamo fare perché un documento digitale trasmesso via PEC o attraverso un portale online e quindi recapitato in tempo reale all’Amministrazione non giunga al soggetto competente dopo giorni? E ne sia assicurata la conservazione in maniera integra per il tempo richiesto dai principi giuridico-archivistici e sulla base di questo vada a confluire nel relativo fascicolo (perché in formato analogico o digitale, ad oggi la PA continua a operare attraverso documenti)? Abbiamo creato una infrastruttura per la gestione documentale digitale e per la gestione informatica dei procedimenti o gestiamo al nostro interno un’istanza digitale in un procedimento tradizionale? Siamo in grado di affrontare l’innovazione a regime? Insomma quanto siamo digitali dentro???
Investire operativamente nel funzionamento – digitale – di una Amministrazione non può prescindere da un piano. E’ indispensabile progettare il sistema, individuare le figure responsabili di precisi adempimenti normativi a partire ad esempio dai Responsabili della gestione documentale e della conservazione; realizzare per step il nostro piano, accompagnarlo con lo sviluppo della conoscenza dei nuovi strumenti da parte degli operatori ai vari livelli per investire in un processo di progressivo sviluppo. Il percorso normalmente, per durata, non coincide con i tempi della politica, notoriamente brevi, e questo accentua il ruolo e la responsabilità della dirigenza.
Quale dirigenza deve/può oggi affrontare il processo cambiamento quando la parola d’ordine è digitalizzarsi? E soprattutto come? La sfida più grande è riuscire a cogliere i benefici della digitalizzazione fissata dalla norma pur partendo da una formazione di settore: giuridica, tecnica o informatica, secondo i tradizionali principi di competenza per materia e ruoli.
La norma (Legge 124/2015 art. 1 lettera n) prevede per le Amministrazioni centrali la possibilità di individuare un Responsabile dell’innovazione da porre alle dirette dipendenze dell’organo politico di vertice: è una soluzione efficace da replicare nelle Amministrazioni locali? Sicuramente è un’ipotesi organizzativa che attesta che ci si è posti il problema di “come fare” e questo è positivo, ma si ritiene fondamentale che non venga declinato secondo tradizione settoriale. La questione è infatti tale da richiedere un modello di management che metta insieme tecnologia, aspetti giuridici e organizzativi partendo dall’assunto che le competenze devono oggi evolversi contaminandosi. Conoscere il quadro normativo, ma conoscere anche gli strumenti (protocollo informatico, firma digitale, PEC, SPID, CNS, tecniche di workflow management, conservazione digitale, formati aperti e accessibilità dei documenti, ecc.) da un punto di vista operativo e giuridico, saper usare questi strumenti non tanto da un punto di vista tecnico informatico, ma all’interno di una visione d’insieme per progettare un sistema interno di funzionamento e descriverlo in manuali di gestione. Perché il sistema si sviluppi occorre investire in un processo conoscitivo interno, discutere gli aspetti applicativi, sperimentare, monitorare gli effetti avendo presente l’interno e l’esterno, le misure collegate alla sicurezza informatica, all’accesso ed alla privacy, ai profili di responsabilità rivisitati “alla luce digitale”, divenendo padroni della nuova logica del sistema secondo le funzionalità che ora la tecnologia ci mette a disposizione: allora sarà possibile raggiungere concretamente nuovi livelli di prestazione!
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