Legalità e controlli di regolarità amministrativa. Cosa insegna il caso Napoli

Gaetano Scognamiglio, Presidente, PROMO P.A. Fondazione

La crisi economica con la necessità di una stringente attenzione al ciclo della spesa, le ricorrenti notizie sull'uso distorto di denaro pubblico, l'avvilente posizione dell'Italia nella graduatoria OCSE dei paesi a rischio di corruzione hanno determinato Governo e Parlamento ad adottare una serie di misure per riportare al centro dell'attenzione il problema della legalità dell'azione amministrativa.

In realtà di nuove leggi non ce ne sarebbe stato bisogno perché, tanto per citare uno dei provvedimenti più noti, già il D.Lgs. 286/99 prevedeva che in modo coordinato, accanto al controllo strategico e a quello di gestione, trovasse posto il controllo di regolarità amministrativa e contabile. Posto purtroppo lasciato vacante sul versante della regolarità amministrativa sia per l'indeterminatezza dei soggetti titolari della funzione, sia per la maggiore attenzione rivolta ai risultati piuttosto che alle procedure. In verità il sistema dei controlli interni, pur a fronte di un'ottima legge, non ha mai veramente funzionato in modo diffuso nella Pubblica Amministrazione, talché, com'è noto, il Ministro Renato Brunetta con la sua riforma traghettò il sistema da un modello autoreferenziale di controlli interni a uno aperto di valutazioni pubbliche, introducendo il concetto di integrità dell'azione amministrativa, che sposato con la trasparenza prometteva di dare migliori risultati, in mancanza dei quali si è ora scelta la strada della individuazione di un soggetto preciso,  cui attribuire tutte le responsabilità connesse al verificarsi di eventi patologici derivanti dal mancato esercizio della funzione di controllo.

Così ha deciso la Legge 190/12, cd anticorruzione e in analogo senso per gli Enti Locali è intervenuta la disciplina del D.L. 174/12 sul rafforzamento dei controlli interni, affidando ai segretari generali il controllo successivo di regolarità amministrativa e contabile. È probabile che la soluzione di accoppiare alla funzione un responsabile produca i risultati sperati ma bisogna assolutamente evitare che il tutto si risolva coll'individuazione di un capro espiatorio, sul quale scaricare ogni responsabilità.

Deve essere chiaro inoltre che se l'obiettivo è raggiungere un livello di legalità sostanziale oltre che formale, non ci si può affidare solo al mero dato adempimentale o all'ennesimo regolamento, se non si vuol correre il rischio di aggiungere all'esistente una ulteriore burocrazia dell'anticorruzione, come in occasione della presentazione dello studio Ocse ebbe a sottolineare il Presidente dell'Anci Graziano Del Rio.

Ingegnerizzazione delle procedure, utilizzo delle tecnologie informatiche, tempestività dei report e imparzialità sono le precondizioni perché un moderno sistema di controllo possa essere condiviso e apprezzato dai dirigenti come elemento di sostegno alla propria professionalità nell'obiettivo di coniugare efficienza e legalità.

Obiettivo che perciò si raggiunge con uno sforzo corale, mettendo a sistema un nuovo modello di amministrare, che deve essere condiviso innanzitutto da chi detiene il potere. In questo quadro il caso Napoli è emblematico di come un alto funzionario, il Direttore Generale, si sia trovato in assoluta solitudine a dover negare la sua firma su un provvedimento di assunzione di più di trecento maestre precarie ritenuto manchevole dei presupposti sulla copertura finanziaria e che per questo motivo sia stato revocato il relativo incarico. In realtà ci sono state le prese di posizione di alcune parlamentari e dell'associazione di categoria ma questo non ha influito sull'esito della vicenda, a dimostrazione che sulla legalità è necessaria una forte condivisione, che si raggiunge con la costruzione di modelli nei quali si corresponsabilizzano tutti gli attori. L'alternativa è appunto il capro espiatorio.

 


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