Gaetano Scognamiglio, Presidente PROMO P.A. Fondazione
Così anche il D.L. sulla riforma delle PA è arrivato a concludere il suo iter. Sì, perché sicuramente sul testo approvato al Senato il Governo non potrà aprire a ulteriori modifiche e porterà la Camera al voto di fiducia.
Poche le novità, la più favorevole – un'altra toppa alla riforma Fornero – quella ottenuta da un gruppo ben organizzato di quattromila docenti, i cd. quota 96, che ora possono andare in pensione con vecchio sistema, pur dovendo attendere per la liquidazione del TFR di raggiungere i requisiti previsti dalla riforma. Cento milioni di euro da finanziare con un'altra stretta della spending review.
Niente da fare invece per le Camere di Commercio, che si vedono solo rateizzato il taglio, nonostante che le imprese, soprattutto quelle micro e piccole, vedano nel sistema camerale un interlocutore privilegiato. Come emerge infatti dal rapporto annuale “Imprese e burocrazia” di PROMO P.A. Fondazione le Camere sono considerate da 8 anni gli Enti più frequentati e più apprezzati dalle imprese. Il loro ridimensionamento non porterà ad un risparmio significativo per il sistema pubblico nel suo complesso, perché impiegano in tutto il Paese solo 6.800 persone a tempo indeterminato, meno di un quarto dei dipendenti complessivi della Regione siciliana e poco più della metà degli operai forestali che operano nella sola Calabria.
Il taglio dei contributi al sistema camerale, ininfluente per la riduzione della spesa pubblica, essendo pagato dalle imprese (che peraltro non lo avevano chiesto, perché assolutamente irrisorio sui loro bilanci), avrà invece un impatto negativo sulle politiche di sviluppo dei sistemi territoriali locali, già pesantemente colpiti dai tagli a Comuni e Province. Come ha ben messo in evidenza il presidente di Federculture Grossi, solo sulla città di Roma i tagli alla Camera di Commercio comporteranno una perdita di circa 10 milioni di euro per realtà come la Festa del Cinema, il Parco della Musica e Santa Cecilia, con un effetto recessivo che ricadrà sull'occupazione.
Resta ferma l'abolizione dei diritti di rogito dei Segretari Comunali, escludendo solo gli enti senza dirigenti. Anche qui dubbi sui risparmi perché nel caso il Segretario chieda legittimamente di affidare il rogito a un notaio i costi del relativo onorario sarà molto superiore a quanto teoricamente l'Ente potrebbe incamerare, prelevando quello prima spettanti al Segretario.
Salvate invece 5 sezioni su 8 dei TAR e allargate le maglie per le assunzioni e per i contratti flessibili negli Enti Locali.
Il ritorno al passato per le nomine nelle partecipate e la modifica delle recenti norme sull'abilitazione universitaria, confermano che l'instabilità legislativa è la nota dominante di questo periodo.
Approvato il D.L., si passa ora al capitolo più importante della riforma che è quello della Legge delega.
L'impegno di tutti dovrebbe essere di uscire dalla logica emergenziale per arrivare a una riforma che non sia modificata da un Decreto Legge approvato il mese successivo, perché ci si accorge che qualcosa è sbagliato. La legislazione d'emergenza è una contraddizione in termini e provoca situazione assurde, come quella della conversione del D.L. 66/14, col quale si aumentavano le competenze dell'AVCP, pubblicata il giorno prima del D.L. 90/14 che sopprimeva quell'autorità.
Sarebbe importante innanzitutto che si avessero le idee chiare su cosa significa rispettare gli artt. 97 e 98 della Costituzione sull'obbligo di assicurare l'imparzialità dei pubblici uffici e su come garantire che i funzionari si possano effettivamente porre al servizio esclusivo della Nazione. Se così fosse stato per esempio ci sarebbe dovuto essere un qualche funzionario in grado di bloccare le spese pazze e illegittime che hanno riempito le cronache degli ultimi anni. Se così non è stato è anche perché da molti anni quegli articoli della costituzione, attraverso riforme avanzate, applaudite e accolte come la soluzione di tutti i mali, sono sottoposti a un'opera costante di surrettizia disapplicazione, che ha contribuito a trasferire di fatto i poteri di un'amministrazione attiva indebolita agli organi di controllo, che però intervengono quando il danno è fatto.
Infine la stabilità e la semplificazione legislativa sono beni che vanno ritrovati prima di tutto per le famiglie e le imprese, ma anche per la burocrazia, che ha sì molte colpe ma non può averle tutte, perché è l'immagine specchiata della Legislazione e il pane che sforna ha il sapore della farina che gli fornisce il Legislatore, che spesso non è di grande qualità.
Se su questi temi sarà data la possibilità di discutere in modo approfondito e costruttivo allora la Legge delega potrà essere l'occasione di un cambiamento positivo e di una speranza per una Pubblica Amministrazione rinnovata, imparziale e al servizio esclusivo della nazione.
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