Santo Fabiano, Formatore, esperto di governance pubblica, Consulente Camera dei Deputati
CE.S.PA. – Centro Studi Partecipate – Formazione e assistenza tecnica per Enti proprietari e società partecipate
L’autorità nazionale anticorruzione, con la Determinazione n. 8 del 17 giugno 2015 ha pubblicato le «Linee guida per l’attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici economici»
Il documento fa riferimento al decreto legge 24 giugno 2014, n. 90 convertito in legge n. 114/2014, che attribuisce all’A.N.AC. le funzioni in materia di prevenzione della corruzione ivi incluse quelle relative alla predisposizione del Piano Nazionale Anticorruzione e dei suoi aggiornamenti. E in particolar modo all’art. 24 bis che modifica l’art. 11 del d.lgs. n. 33/2013 sull’ambito soggettivo di applicazione della trasparenza, prevedendo che la disciplina si applichi “anche agli enti di diritto pubblico non territoriali, nazionali regionali o locali comunque denominati, istituiti, vigilati, finanziati dalla pubblica amministrazione” nonché, limitatamente all’attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione europea”, agli “enti di diritto privato in controllo pubblico, ossia alle società e agli altri enti di diritto privato che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici, sottoposti a controllo ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile da parte di pubbliche amministrazioni, oppure agli enti nei quali siano riconosciuti alle pubbliche amministrazioni, anche in assenza di una partecipazione azionaria, poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi”. Il medesimo articolo prevede anche che “alle società partecipate dalle pubbliche amministrazioni in caso di partecipazione non maggioritaria, si applicano, limitatamente all’attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell'Unione europea, le disposizioni dell’articolo 1, commi da 15 a 33, della legge 6 novembre 2012, n. 190”.
L’Autorità avverte la necessità (da tutti condivisa) di fornire indicazioni sull’applicazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza agli enti e alle società riconoscendo che le disposizioni vigenti disegnano un quadro normativo “di per sé particolarmente complesso, il cui ambito soggettivo di applicazione ha dato luogo a numerose incertezze interpretative, oggi solo in parte risolte”
Le linee guida, peraltro, seguono importanti precedenti pronunce giurisprudenziali che hanno registrato una differenza di vedute tra l’ANAC e il MEF, richiamando, quindi, sulla necessità di una visone congiunta su di un argomento particolarmente complesso
Per questa ragione è da attribuire importanza al fatto che le linee guida siano l’esito di una concertazione proprio tra l’Autorità nazionale anticorruzione e il MEF, anche a seguito di diverse attività congiunte, anche di tipo seminariale.
Le Linee guida incidono sulla disciplina già prevista dal PNA e ne comportano una rivisitazione, integrandone e sostituendone laddove non compatibili, i contenuti in materia di misure di prevenzione della corruzione e di trasparenza che devono essere adottate dagli enti pubblici economici, dagli enti di diritto privato in controllo pubblico e dalle società a partecipazione pubblica.
L’Autorità esordisce precisando che gli enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici sono esplicitamente indicati dal legislatore quali destinatari della disciplina in materia di inconferibilità ed incompatibilità degli incarichi dirigenziali e di responsabilità amministrativa di vertice nelle amministrazioni pubbliche ai fini della prevenzione e del contrasto della corruzione nonché della prevenzione di conflitti d’interesse
In questa ottica, viene affidato al responsabile del Piano anticorruzione di ciascun ente pubblico e ente di diritto privato in controllo pubblico il compito di curare, anche attraverso il Piano, l’attuazione delle disposizioni del decreto.
L’ANAC evidenzia che dal quadro normativo emerge l’intenzione del legislatore di includere anche le società e gli enti di diritto privato controllati e gli enti pubblici economici fra i soggetti tenuti all’applicazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza, ulteriormente rafforzata proprio dai recenti interventi normativi che, , sono chiaramente indirizzati agli enti e alle società in questione. La ratio sottesa alla legge n. 190 del 2012 e ai decreti di attuazione appare, infatti, quella di estendere le misure di prevenzione della corruzione e di trasparenza, e i relativi strumenti di programmazione, a soggetti che, indipendentemente dalla natura giuridica, sono controllati dalle amministrazioni pubbliche, si avvalgono di risorse pubbliche, svolgono funzioni pubbliche o attività di pubblico interesse.
Il documento, inoltre, muove dal presupposto fondamentale, infatti, che le amministrazioni controllanti debbano assicurare l’adozione del modello di organizzazione e gestione previsto dal d.lgs. n. 231/2001 da parte delle società controllate. Come è noto l’ambito di applicazione della legge n. 190 del 2012 e quello del d.lgs. n. 231 del 2001 non coincidono e, nonostante l’analogia di fondo dei due sistemi, finalizzati entrambi a prevenire la commissione di reati nonché ad esonerare da responsabilità gli organi preposti qualora le misure adottate siano adeguate, sussistono differenze significative tra i due sistemi normativi. In particolare, quanto alla tipologia dei reati da prevenire, il d.lgs. n. 231 del 2001 ha riguardo ai reati commessi nell’interesse o a vantaggio della società o che comunque siano stati commessi anche e nell’interesse di questa (art. 5), diversamente dalla legge 190 che è volta a prevenire anche reati commessi in danno della società.
In relazione ai fatti di corruzione, osserva l’Autorità, il decreto legislativo 231 del 2001 fa riferimento alle fattispecie tipiche di concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità e corruzione, nonché alla corruzione tra privati, fattispecie dalle quali la società deve trarre un vantaggio perché possa risponderne. La legge n. 190 del 2012, invece, fa riferimento ad un concetto più ampio di corruzione, in cui rilevano non solo l’intera gamma dei reati contro la p.a. disciplinati dal Titolo II del Libro II del codice penale, ma anche le situazioni di “cattiva amministrazione”, nelle quali vanno compresi tutti i casi di deviazione significativa, dei comportamenti e delle decisioni, dalla cura imparziale dell’interesse pubblico, cioè le situazioni nelle quali interessi privati condizionino impropriamente l’azione delle amministrazioni o degli enti, sia che tale condizionamento abbia avuto successo, sia nel caso in cui rimanga a livello di tentativo. Con la conseguenza che la responsabilità a carico del Responsabile della prevenzione della corruzione (responsabilità dirigenziale, disciplinare ed erariale, prevista dall’art. 1, comma 12, della legge n. 190/2012) si concretizza al verificarsi del genere di delitto sopra indicato commesso anche in danno della società, se il responsabile non prova di aver predisposto un piano di prevenzione della corruzione adeguato a prevenire i rischi e di aver efficacemente vigilato sull’attuazione dello stesso.
Alla luce di quanto sopra e in una logica di coordinamento delle misure e di semplificazione degli adempimenti, le società sono tenute a integrare il modello di organizzazione e gestione ex d.lgs. n. 231 del 2001 con misure idonee a prevenire anche i fenomeni di corruzione e di illegalità all’interno delle società in coerenza con le finalità della legge n. 190 del 2012. Queste misure devono fare riferimento a tutte le attività svolte dalla società ed è necessario siano ricondotte in un documento unitario che tiene luogo del Piano di prevenzione della corruzione anche ai fini della valutazione dell’aggiornamento annuale e della vigilanza dell’A.N.AC. Se riunite in un unico documento con quelle adottate in attuazione della d.lgs. n. 231/2001, dette misure sono collocate in una sezione apposita e dunque chiaramente identificabili tenuto conto che ad esse sono correlate forme di gestione e responsabilità differenti.
Il documento che fornisce informazioni utili e schematiche, si conclude con la definizione dei contenuti minimi delle misure di prevenzione per le società partecipate:
- Individuazione e gestione dei rischi di corruzione
- Sistema di controlli
- Codice di comportamento
- Trasparenza
- Incompatibilità specifiche per gli incarichi di amministratore e per gli incarichi dirigenziali
- Attività successiva alla cessazione del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici
- Formazione
- Tutela del dipendente che segnala illeciti
- Rotazione o misure alternative
- Monitoraggio
E’ previsto quindi che le società, in coerenza con quanto già previsto per l’attuazione delle misure previste ai sensi del d.lgs. 231/2001 individuano le modalità, le tecniche e la frequenza del monitoraggio sull’attuazione delle misure di prevenzione della corruzione, anche ai fini del loro aggiornamento periodico, avendo cura di specificare i ruoli e le responsabilità dei soggetti chiamati a svolgere tale attività, tra i quali rientra il Responsabile della prevenzione della corruzione. Quest’ultimo, entro il 15 dicembre di ogni anno, pubblica nel sito web della società una relazione recante i risultati dell’attività di prevenzione svolta sulla base di uno schema che A.N.AC. si riserva di definire.
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